Hikikomori

27 Feb
0 comment

IL RITIRO SOCIALE DEI GIOVANISSIMI CHE METTE IN SCACCO IL MONDO ADULTO.

Sono ragazzi maturi, sensibili, riflessivi, fragili, con una visione negativa della società e della scuola. Stanno in disparte perché aborriscono la competizione e la pressione sociale, contestano la richiesta della società di oggi di essere sempre all’altezza… questa ansia da prestazione dicono di averla incontrata prima di tutto a scuola ed è per questo che proprio a scuola non ci vogliono più andare. Vengono chiamati Hikikomori o ritirati sociali.

Chi sta facendo emergere lo studio di questo fenomeno in Italia è Marco Crepaldi, responsabile del blog www.hikikomoriitalia.it. La sua attenzione è nata ai tempi dell’Università quando

venne toccato da un film di animazione che aveva come protagonista un ragazzo in totale isolamento sociale. Il cartone animato ara giapponese e trattava il fenomeno Hikikomori.

Marco si appassiona, decide di approfondire e prepara la tesi di laurea su questo tema. Poi sceglie di aprire uno spazio sul web per dare voce ai cosiddetti ritirati sociali e offrire loro la possibilità di stare in rete.

Il blog ha un grande successo, viene visitato e utilizzato da molti ragazzini, ma anche da tantissime famiglie “disperate”, alla ricerca di confronto e supporto. Nasce quindi l’Associazione Genitori con 800 partecipanti e si apre una chat su facebook che raccoglie 10mila messaggi al giorno dai ragazzini in isolamento, segno di un bisogno estremo di contatto.

Ascoltare le testimonianze di Crepaldi e della presidente dell’Associazione Genitori è interessantissimo. Nel convegno tenutosi all’Istituto Avogadro di Torino la scorsa settimana c’era il pienone di insegnanti che hanno bisogno come me di capire di che si tratta per poter prevenire.

In Giappone il fenomeno Hikikomori è arrivato a contare 1 milione di casi.

In Italia non si scherza e oggi si registrano 100 mila ragazzini che rifiutano di andare a scuola, che evitano il contatto sociale e scelgono di stare in disparte, trascorrendo il giorno e la notte nelle proprie camere, nidi protetti dai quali giorno dopo giorno è sempre più difficile uscire.

Le statistiche dicono che la maggioranza di loro sono maschi, iscritti al biennio superiore; alcuni sono anche più piccoli, allievi delle scuole medie.

All’inizio solitamente il rifiuto per la scuola si presenta con un mal di pancia, poi diventa attacco di panico, debolezza e via via un’incapacità di provare a tornare nelle situazioni sociali quali la propria classe o il proprio gruppo di amici perché ci si sente inadeguati e ci si vergogna di aver fatto molte assenze. La vergogna solitamente genera un senso di inadeguatezza che si traduce in apatia verso l’aggregazione sociale anche al di fuori della scuola; si evitano le feste, le uscite…si inizia a dormire di giorno e stare svegli la notte attaccati al computer, un modo per vivere nel mondo senza interfacciarsi in prima persona.

Alcuni falsamente identificano proprio la dipendenza da internet come causa del fenomeno, ma Crepaldi spiega che è esattamente il contrario: la dipendenza è la conseguenza dell’isolamento ed esprime il desiderio di contatto col mondo che il ragazzino non riesce a vivere diversamente.

Gli hikikomori aborriscono spesso anche i social e se vi partecipano usano un nickname. Vogliono stare al mondo, ma preferiscono guardarlo dalla finestra del pc, piuttosto che viverlo.

Crepaldi, che ha incontrato molti di loro e le rispettive famiglie, ha formulato un’ipotesi sul fenomeno: tutto inizia con una depressione esistenziale ovvero con la presa di coscienza che la realtà in cui siamo immersi, fondata sulla competitività e sulla prestazione, non piace assolutamente. Nulla ha un senso che valga la pena di essere perseguito. Perché alzarsi? Perché andare a scuola? Perché partecipare a questo teatro dell’assurdo in cui non mi riconosco? Preferisco ritirarmi, mi chiudo nella mia camera, così mi difendo. Anziché cambiare il mondo che non mi piace, scelgo di isolarmi perché sento d’essere io fuori posto.

È difficile per la mia generazione comprendere questa forma di contestazione: noi protestavamo, uscendo allo scoperto e facevamo un sacco di manifestazioni per cambiare il mondo che non ci piaceva. Gli hikikomori no. Il loro isolamento e il loro silenzio è però talmente forte che obbliga la società a ripensarsi completamente.

Lo spiega bene Elena Carolei, presidente dell’associazione. Disorientati, i genitori si trovano un figlio completamente diverso da quel bambino che conoscevano, bravissimo a scuola, curioso, pieno di talenti, sveglio, capace, responsabile e…promettente.

All’inizio provano a parlargli, inutilmente, poi perdono la pazienza, insistono, obbligano il ragazzino ad uscire, a prendersi le sue responsabilità…e così inizia il tempo delle scenate furibonde: lui che si oppone terribilmente, le grida, i litigi, la tensione irrespirabile. La coercizione si rivela da subito inopportuna.

È allora che ci si rivolge ai medici, si cerca una strada clinica, ma il fenomeno non è classificato e viene confuso con una forma di depressione psicologica che non è. Spesso gli interventi delle NPI risultano inutili. Il ragazzino è ostinato nel suo rifiuto. I genitori invece vengono sommersi da buoni consigli di amici parenti e terapeuti, ma nulla pare essere risolutivo. Schiacciati da questa sofferenza inaspettata, i genitori usano l’unica arma propria della paternità: l’amore incondizionato. E accettano questo “nuovo” difficilissimo figlio, provando in tutti i modi a stargli accanto.

Pare proprio essere questa una possibile strada: comprensione e pazienza. Lo spiega Luisa Benigni, mamma di un ex-hikikomori quando legge al convegno una poesia che commuove: “Faremo di tutto perché tu possa sentirti a casa nel mondo, aspetteremo i tuoi piccoli passi, continuando a sperare che tu possa tornare a sentire il vento sulla pelle, la pioggia che ti bagna i capelli, il sole caldo che ti brucia la pelle…”

Solo l’amore può resistere a questo isolamento e aprire pazientemente una breccia di luce, di aria, di vita sociale, finalmente.

E la scuola che cosa può fare?

Molto. Innanzitutto essere attenta ai primi sintomi, evitare critiche ma anche lodi. Il ragazzo che è a rischio isolamento prova vergogna quando si trova sotto i riflettori, in ogni caso.

E poi ai primi sintomi lo si dovrebbe accompagnare con una persona preparata, un educatore, un grande amico…evitando in ogni modo la chiusura totale. Ma questo potrà accadere solo se professori, medici, psicologi dell’Asl saranno preparati e capaci di lavorare in sinergia, pronti ad agire subito.

Per i genitori? Un aiuto viene proprio da Crepaldi. Hikikomoriitalia.it è pubblico, ma esistono altri due blog “chiusi”, uno per i ragazzi ed uno per i genitori. Chi ha bisogno deve chiedere l’accesso a Marco. In questo modo il contenuto di ciascuno spazio è privato e sicuro.

I genitori possono parlare della loro sofferenza, dei loro dubbi e da lì non esce nulla.

Possono anche chiedere consigli per la scuola o chiarire questioni legali. Si suggerisce quando è il caso di rivolgersi alla polizia, nei casi più difficili.

PS: Agli insegnanti suggerisco di visitare il sito http://www.hikikomoriitalia.it  con articoli interessantissimi per la prevenzione nel mondo della scuola.

Leave your thought