LO SPECCHIO CHE EDUCA

04 Mar
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La fiducia nell’allievo, quel segreto maieutico che abbiamo dimenticato.

Pierino non studia, stropiccia i quaderni, sbadiglia e guarda altrove. Spesso disturba.

Pierino è l’allievo che non vorremmo avere, mai. Ci infastidisce la sua presenza perché ci rimanda la nostra precarietà. Ci siamo costruiti piano piano l’idea di riuscire ad essere accattivanti con le nostre spiegazioni, ma di fronte a lui la nostra autostima di insegnanti si sfalda, anche se non osiamo dirlo. Preferiamo concentrarci su di lui, elencando le sue mancanze. Possiamo bocciarlo, ma sappiamo che ne giungerà un altro. Il mondo della scuola è pieno di Pierini! Che fare? Continuare a lamentarci fino al giorno della pensione, oppure…

La Pedagogia dell’ascolto ci invita ad esplorare un’altra possibilità, introducendo un dubbio: e se quello sguardo incazzato e sconfitto dell’insegnante di fronte al vuoto di Pierino  peggiorasse la situazione? E se Pierino, per uscire dal suo guscio, avesse bisogno di altri occhi?

La pedagogia dell’ascolto si poggia su due  autori. Carl Rogers, autore del testo “ La terapia centrata sul cliente” sosteneva che un percorso di “guarigione” avviene quando l’adulto di riferimento -insegnate, terapeuta,  genitore – riconosce le risorse interne dell’essere umano che ha di fronte, riuscendo ad essere il suo specchio fiducioso. Il secondo autore Augusto Boal, ideatore del teatro dell’oppresso, crede nella potenza che ha uno specchio per smuovere la realtà e per questo utilizza la rappresentazione teatrale per mettere in scena quello che viviamo e provare – sempre in  scena – a modificarlo (nel TdO non c’è un copione prestabilito, ma gli spettatori propongono dei cambiamenti alla scena ed entrano direttamente in azione e sostituendo gli attori).

Prendere coscienza che, in una relazione, in particolare di carattere educativo ma anche d’amore, noi diventiamo specchio per l’altro, significa diventare responsabili dei danni o delle meraviglie che possono suscitare sugli altri le nostre immagini interiori.

La pedagogia dell’ascolto ci ricorda infatti la potenza che può avere lo sguardo di un adulto su un allievo: se è uno sguardo di fiducia, capace di intravvedere in Pierino il seme di un bellissimo albero, senza vacillare nonostante la fatica, Pierino troverà piano piano la strada nel labirinto della sua confusione e passività. Ma se quello sguardo verrà a mancare, la nave interiore di Pierino non avrà chance. Vagherà al buio, avanti e indietro, senza un faro che indichi il porto sicuro.

Facile a dirsi, difficile a farsi. Parlo per esperienza personale. I miei Pierini provocano, tormentano, si fanno richiamare, non ascoltano, sono confusi e agitati. Non sempre riesco a guardarli con fiducia vedendo in loro un grande albero nascosto in un seme. E torno a casa con le ali basse, sentendo la mia fragilità di fronte a tanta fatica. Eppure so per certo che dal mio sguardo nasce la possibilità.

La fiducia come fondamento educativo alla base dell’apprendimento è oggi un’idea rivoluzionaria. La scuola ha dimenticato molti pensieri pedagogici d’avanguardia ed è tornata a pensare ai ragazzi come “vasi vuoti da riempire” e poi interrogare.

Inorridisco, e con me tanti colleghi formatisi negli anni 70, ma chi conosce le scuole e le frequenta, sa che, purtroppo, nella prassi spesso così accade.

Ci accorgeremo un giorno noi insegnanti, educatori, genitori che i nostri allievi e figli hanno bisogno di sguardi di fiducia molto più che di parole?

PS: Nel nostro territorio, durante il week-end di San Valentino, una quindicina di insegnanti ha vissuto uno stage di 15 ore sperimentando la Pedagogia dell’Ascolto con strumenti del Teatro dell’Oppresso, guidati da Paolo Senor, formatore della Rete Insegnareducando. Un bellissimo stage! Un inizio.

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